19 Mag L’importanza della funzione tiroidea
Per i nostri incontri volti ad approfondire alcune tematiche legate alla salute della donna, facciamo quattro chiacchiere col dottor Giuseppe Marelli, endocrinologo presso il Centro Medico Benvita, col quale approfondiamo ruolo e significato di funzione tiroidea, tiroide e ipotiroidismo.
Buongiorno dottor Marelli. Partiamo dall’ABC: ci spiega che cos’è la funzione tiroidea? Perché la tiroide è così importante? Che cosa fa?
La tiroide è un organo estremamente importante perché produce gli ormoni tiroidei, ovvero ormoni che regolano tutte le attività dell’organismo. La loro importanza è proprio quella di intervenire nelle funzionalità principali del nostro organismo: cuore, intestino, pelle… Regolano qualsiasi tipo di attività e la loro mancanza porta ad una condizione detta ipotiroidismo che è una patologia cronica e che consiste in un rallentamento di tutte le funzioni organiche.
Perché associamo i problemi alla tiroide all’universo femminile?
Perché, numeri alla mano, su 100 soggetti con ipotiroidismo, 70 sono donne. Di recente c’è stato un aumento della patologia al femminile e si arriva quasi ad un 80% di donne che soffrono di problemi alla tiroide, contro un 20% di uomini. In realtà non ci sono studi epidemiologici seri, per cui non possiamo sapere com’è stata l’evoluzione negli ultimi venti anni. In ogni caso, l’impressione di chi lavora sul campo è che la patologia tiroidea sia sicuramente in aumento.
Quale potrebbe essere la causa di questo aumento?
La causa può essere anche, semplicemente, la maggior attenzione che si dedica alla tiroide. Oggi, ad esempio, appena si viene a conoscenza di una gravidanza, è immediatamente consigliato l’esame della funzionalità tiroidea, cosa che trent’anni fa non si faceva.
Come mai questo cambiamento?
Perché ci sono stati studi che hanno dimostrato che, in gravidanza, la funzione tiroidea deve essere nella norma. Ci sono poi alcuni parametri che ci inducono a fare o meno un trattamento per garantire un corretto prosieguo della gravidanza. Alle donne in attesa è fatto uno screening della funzione tiroidea e, nel caso emerga un problema, ci si rivolge subito all’assunzione di una terapia. Sono molte le donne in terapia per la tiroide durante la gravidanza. Ma, in questo caso, l’ipotiroidismo è, per lo più, temporaneo e, terminata la gravidanza, di solito si sospende la terapia. Nel tempo, poi, si faranno altre analisi per vedere che cosa succede, perché un ipotiroidismo riscontrato in gravidanza è comunque un campanello d’allarme.
Perché c’è questa grande differenza tra uomini e donne? Perché quel 70-30 a cui faceva riferimento prima?
C’è una spiegazione di genere: ci sono malattie che colpiscono di più gli uomini e malattie che colpiscono di più le donne. Diciamo che il 97% della patologia tiroidea (esclusi i tumori) dipende da una patologia autoimmunitaria, cioè da uno sviluppo di anticorpi anomali che sono diretti contro i costituenti della tiroide. La tiroide, poi, nelle donne, è sottoposta ad uno stress maggiore nel corso della vita: gravidanza, menopausa, sono numericamente di più le situazioni della vita di una donna che richiedono un apporto importante della tiroide.
Quindi, essendo l’organismo femminile più sottoposto a stress, abbisogna di un supporto maggiore dalla tiroide, giusto?
Sì, giusto. Si tratta di uno stress organico, ovviamente…
Come si manifesta per lo più un deficit della tiroide? Quel è la sintomatologia più ricorrente?
Come dicevamo prima, la manifestazione più eclatante è la stanchezza, associata al gonfiore generalizzato, all’aumento di peso e alla stitichezza. Sono sintomi che è difficile abbinare subito ad un problema alla tiroide, perché sono propri anche di una normale condizione di stress. L’ipotiroidismo è quindi difficile da diagnosticare: bisogna proprio pensarci, metterlo nel novero delle possibili cause di una determinata condizione di affaticamento. Talvolta non ci si arriva o ci si arriva in condizioni molto avanzate di disfunzione tiroidea.
Quando un soggetto si trova in una condizione di potenziale deficit tiroideo, con i sintomi che abbiamo elencato poco fa, che cosa deve fare?
Deve andare innanzitutto dal medico curante che gli prescriverà delle analisi della funzione tiroidea. Poi, risultati alla mano, può andare dallo specialista il quale valuterà se e come procedere con una terapia.
In che cosa consiste la terapia?
Si tratta di assumere un preparato per via orale, sotto forma di pastiglie o di fialette. È una terapia di precisione: significa che, per avere il maggiore effetto, la pastiglia deve essere assunta una volta al giorno, al mattino, a digiuno, e per almeno mezz’ora non deve essere ingerito nient’altro. Vi sono anche alcuni farmaci o alimenti che possono condizionare l’assorbimento degli ormoni assunti con la pastiglia. Parliamo della soia, che andrebbe consumata molto lontana dal momento dell’assunzione della terapia e dei medicinali gastroprotettivi, quelli per la protezione dello stomaco.
L’ipotiroidismo è una condizione reversibile?
No. Stiamo parlando di una condizione cronica e la terapia a cui facciamo ricorso è sostitutiva: la tiroide non funziona più come prima, per cui io la sostengo dall’esterno. Si tratta di una terapia continuativa, per sempre.
L’ipotiroidismo me lo ritrovo ad un certo punto della vita o ci nasco?
Me lo ritrovo ad un certo punto della vita e può manifestarsi a qualsiasi fascia d’età, dagli adolescenti agli ultraottantenni.
C’è un modo per prevenirlo?
No, non è possibile. Come dicevamo prima nel 97% dei casi la causa sono gli anticorpi e non è né possibile, né prevedibile pensare di fermare questo movimento autoimmunitario. La patologia, però, è a trasmissione ereditaria. Significa che le figlie di madri con ipotiroidismo, possono (non devono, sia chiaro) svilupparlo anche loro.
Ringraziamo il dottor Marelli e ricordiamo che, cliccando su questo link, è possibile prenotare una visita ambulatoriale con gli specialisti del Centro Medico Benvita.