04 Dic Bulimia e dipendenza affettiva
La dottoressa Maria Silvia Bottani spiega le caratteristiche della bulimia, uno dei disturbi alimentari più diffusi.
Buongiorno dottoressa, dopo aver affrontato l’argomento anoressia, ci prova a spiegare che cos’è e come si manifesta la bulimia?
La bulimia è l’altro grande capitolo dei disturbi alimentari. Come si manifesta? Beh, prevede ricorrenti episodi di abbuffate, ovvero mangiare una quantità di cibo decisamente maggiore di quanto la maggior parte degli individui assumerebbe nello stesso tempo, con una sensazione associata di perdita di controllo durante l’episodio: i bulimici non riescono proprio a smettere di mangiare.
Dopo le abbuffate che cosa succede al bulimico?
La bulimia è associata ad altri disturbi, come le ricorrenti e inappropriate condotte compensatorie: assunzione di lassativi, diuretici o altri farmaci per sgonfiare, oppure vomito autoprovocato, digiuno o eccessiva attività fisica.
Come si identificano le abbuffate?
Le abbuffate, per essere classificate come tali, devono verificarsi almeno tre volte alla settimana per tre mesi consecutivi.
Bulimia e anoressia sono accomunate da qualcosa, non tanto nelle manifestazioni, ma nelle caratteristiche che ne stanno alla base?
Sì, in entrambi i casi i livelli di autostima sono altamente influenzati da forma e peso del corpo: mentre l’anoressica ha una bassa autostima perché si vede grassa, la bulimica ha una bassa autostima perché effettivamente lo è. Come per l’anoressia, anche per la bulimia abbiamo una classificazione che la inquadra in lieve, media, grave o estrema.
Che cosa differenzia, invece, le due patologie?
La personalità dei pazienti bulimici è, solitamente, una personalità dipendente, a differenza di chi soffre di anoressia che risulta, al contrario, assolutamente onnipotente (“posso arrangiarmi da sola a tal punto che posso controllare il mio peso”). Chi soffre di bulimia è dipendente, sia dalle figure genitoriali, sia dalle figure affettive in generale (amici, partner) e la dipendenza in senso così ampio è decisamente un fenomeno affettivo.
Stiamo parlando di dipendenza affettiva come se fosse una dipendenza da sostanze?
La dipendenza da sostanze è una delle dipendenze. Ci sono poi la dipendenza affettiva, la dipendenza sessuale, la dipendenza dal cibo, dal gioco. La dipendenza è, in generale, un assetto di personalità: io non sono in grado di sviluppare una relazione d’amore adulta perché non ho avuto un imprinting d’amore autentico, ma dipendente, a causa di genitori poco emancipatori che non lasciano andare i figli. Questi figli, da adulti, dipenderanno dalle relazioni affettive.
Quindi, in seguito a questa dipendenza affettiva che cosa succede ai soggetti bulimici?
Sviluppano il bisogno di essere continuamente riempiti di affetto: siccome hanno sviluppato una dipendenza, ma non un’affettività sana, hanno bisogno di essere sempre pieni e quindi continuano a mangiare. Facciamo un esempio: il bambino con una relazione affettiva sana impara che la mamma esce dalla stanza e poi torna, va a lavorare e poi torna: non ha un vissuto abbandonico. Il bambino che ha una madre che si angoscia per la separazione svilupperà relazioni dipendenti dalla presenza. Ed è il caso di chi soffre di bulimia, ma vale anche per le altre sostanze: o c’è la figura di riferimento affettivo, o io mi devo riempire in altro modo, attaccare a qualcun altro, sviluppando relazioni tossiche, relazioni malate dal punto di vista sentimentale, legami affettivi amicali complicati. Il tutto corredato da un’autostima bassissima che porta a non essere in grado di avere rapporti affettivi adulti.
Come si può curare la bulimia?
Molti di questi soggetti hanno una lunga lista di diete di varia natura che falliscono solitamente nel tempo e, a volte, fanno ricorso ad interventi di bypass gastrico. Ma se non c’è un supporto psicologico ben fatto alla base, magari supportato da antidepressivi, l’intervento di bypass è un buco nell’acqua.
Mi sembra di avere capito che sia per quanto riguarda l’anoressia, sia per quanto concerne la bulimia, le problematiche che si trovano alla base siano di tipo affettivo e ruotano intorno alla famiglia. È corretto?
Sì, assolutamente. La famiglia è il luogo degli affetti e delle relazioni primarie che sono quelle che poi, crescendo, tendiamo a riproporre nel nostro percorso di socializzazione.